HIGUCHI ICHIYŌ: “ACQUE TORBIDE”
Un nuovo appuntamento del Gruppo di Lettura!

MARTEDÌ, 20 FEBBRAIO 2018  - ORE 20.00

 
 

 

Martedì 20 febbraio 2018, alle ore 20.00, tornano gli appuntamenti del Gruppo di lettura del Circolo ‘Barbara Cosentino’!
Il nostro “Giro del mondo in otto scrittrici e più” ci porterà sulle sponde del Paese del Sol Levante, per rileggere le pagine di “Acque torbide”. L’opera della scrittrice giapponese Higuchi Ichiyō sarà lo spunto per una riflessione sulla diversità e la marginalità, e sul ruolo femminile nella società contemporanea.
               

 
Per forza di cose, una donna come me cresciuta in un mondo così meschino, finirà la sua vita facendo cose del genere, concluse. Quelle parole pronunciate quasi con distacco abbondavano di emozioni incontrollabili e per un attimo la sua figura solitamente civettuola lasciò trasparire un’aria di pura sincerità.
 

Il Giappone dai Trattati ineguali all’era Meiji

Il Giappone dai Trattati ineguali all'era Meiji

A metà del XIX secolo il Giappone era un paese interamente feudale, sostenuto dall’agricoltura, mentre la nascente industrializzazione riguardava esclusivamente il comparto bellico. Era dominato dagli shogun (massima carica militare del paese che, de facto, sostituiva l’imperatore nel governo del Giappone, configurandosi come reale sovrano della nazione) e dai daimyo (funzionari militari divenuti signori feudali), ai quali erano sottomessi i samurai (loro vassalli), residuo della piccola nobiltà dedita alle armi, che aveva perso la sua funzione sociale per effetto della duratura pace interna. Il protrarsi di un sistema sociale ed economico arcaico scaturiva dall’assoluto isolamento diplomatico, commerciale e culturale dall’Occidente.
L’isolamento fu rotto dalle potenze occidentali per interessi puramente economici e strategici, con la stipula dei famigerati trattati ineguali, i più importanti nel 1858, che suscitarono una violenta ondata di risentimento nazionalistico, in cui confluì il malcontento dei daimyo e dei samurai. In una successione di conflitti civili protrattasi per dieci anni, questi ultimi rovesciarono lo shogunato, restaurando l’impero sotto l’egida della dinastia Meiji. La reazione tradizionalista alle potenze straniere rafforzò all’inizio il ruolo dei daimyo, ma trainata dalla volontà di colmare le distanze economiche e sociali, si tradusse in una occidentalizzazione rapida del paese, che nel 1871 portò alla proclamazione dell’uguaglianza giuridica dei cittadini, all’abolizione dei feudi e dei diritti feudali. Fu in questo clima di sconvolgimento che i samurai videro travolta la loro fortuna e si ritrovarono con una pensione vitalizia.
Questa «rivoluzione dall’alto senza borghesia e senza democrazia» trasformò il Giappone in una potenza economica in pochi anni.

 
Demoni Bianchi, così le ha soprannominate qualcuno. Esseri in grado di creare uno scenario simile al più profondo e insondabile degli inferi.
 

HIGUCHI ICHIYŌ

Higuchi Ichiyo

Il volto di Higuchi Ichiyō è impresso sulle banconote giapponesi, come quello di Jane Austen lo è su quelle britanniche. È stata la seconda donna giapponese ad avere questo riconoscimento per la sua lotta contro ogni discriminazione sessuale e per la sua opera letteraria. Pur avendo scritto appena una ventina di racconti, fu immediatamente considerata una delle più importanti esponenti della nuova letteratura femminile giapponese, anzi una vera capostipite perché i testi di letteratura giapponese la presentano come la prima scrittrice di professione. È infatti molto studiata, ma anche poco letta, perché si serviva del giapponese classico che mal si rende in quello contemporaneo, essendo questo l’espressione di una società radicalmente cambiata. Per tali ragioni, si legge spesso che il confine dell’opera di Higuchi Ichiyō, che da subito firmò le sue opere con questo nome d’arte, fu prettamente linguistico. Solo da pochi anni è stata tradotta in italiano, talora grazie alla curiosità e alla buona volontà di giovani studenti di lingue orientali.
Natsuko Higuchi nacque nel 1868 a Tokyo, dove i suoi genitori si erano trasferiti dalla provincia agricola di Yamanashi. Il padre era un «contadino arricchito» che, per acquisizione di titoli, era riuscito a intrufolarsi negli ultimi strati della gerarchia dei samurai, ma, in seguito agli sconvolgimenti della rivoluzione dall’alto, perse il suo Bakufu (il suo ambito d’influenza) e con esso il suo status. Così lavorò nella prefettura di Tokyo come funzionario a servizio del nuovo governo.
La nascita in una famiglia agiata consentì a Natsuko, prima del dissesto, di studiare e frequentare anche una prestigiosa scuola privata di poesia classica. Era in adolescenza una ragazza miope, di bassa statura, introversa e di origini umili rispetto ai suoi compagni altolocati e in quei mesi sperimentò differenze e distanze che diverranno un filo che attraversa e lega le perle dei suoi racconti. Natsuko cominciò in quei mesi a tenere un diario che la accompagnerà sempre nella sua brevissima vita, luogo d’accoglienza del tormento provocato dalla percezione di un’inferiorità sociale e dai problemi economici della sua famiglia. Sua madre e sua sorella contribuivano al bilancio familiare con lavori di cucito e pulizia, mentre la piccola Natsuko seppe trovare, nella sua fragile forza, il coraggio di vivere di scrittura. In questo ebbe un ruolo fondamentale la fascinazione subita per il successo di una sua compagna e poi per uno scrittore che divenne suo mentore di cui s’innamorò perdutamente, Tōsui Nakarei. Ebbe con lui una relazione fallimentare perché era un donnaiolo, ma sperimentò così, per la prima volta, un tipo di legame sentimentale che diverrà quasi un’ossessione nei suoi racconti.
Nel 1892 videro luce le sue prime storie, pubblicate con il nome d’arte Higuchi Ichiyō, con il quale firmerà tutte le successive opere. “Umoregi”, uno dei primi racconti pubblicati, ebbe un tale successo da decretarne il riconoscimento come scrittrice professionista. L’anno seguente, in seguito alla morte del padre e all’aggravarsi delle difficoltà economiche familiari, si trasferì con la madre in un quartiere povero di periferia, in cui fiorì la sua personalità che si tradurrà nelle sue opere migliori. Natsuko divenne, infatti, una vera e propria capofamiglia, un riferimento di vita e d’affetto; si fece imprenditrice per avviare un’attività commerciale che, tuttavia, non ebbe successo. Queste esperienze e il fatto di abitare a cinque minuti dal quartiere a luci rosse di Tokyo, Yoshinawa, fornirono nuova materia prima alla sua scrittura e anche un’ambientazione insolita ai suoi racconti, primo fra tutti “Takekurabe” (Schiena contro schiena), che ruota intorno ai suoi amori infelici. Nacquero da qui i racconti del periodo maturo (1892-1894), incentrati sulla condizione sociale delle donne, nello specifico di donne ‘diverse’. In quegli anni si appassionò alla lettura di Ikara Saikazu, scrittore del XVII secolo che aveva inaugurato la scelta di personaggi umili come soggetti letterari, scelta che la nostra scrittrice ribadì, arricchendola della sua sensibilità per la sofferenza della donna. Così, furono pubblicati “Ōtsugomori”, “Nigorie”, “Wakare”, “Michi”, “Jūsan’ya” e “Takekurabe”, considerati i suoi migliori lavori.
La scrittura, che nelle prime storie risentiva della poesia classica del periodo Heian e si scioglieva in trame esili e in una caratterizzazione embrionale dei personaggi, si aprì ai suoi temi preferiti come il triangolo amoroso con due uomini molto diversi, l’ostilità della classe media e le ambizioni sociali, le ragazze disagiate, orfane, le donne diverse e le vita di periferia.
Divenne famosa e nella sua umile casa di periferia cominciarono ad avvicendarsi studenti e illustri intellettuali, finché la tubercolosi la recise prematuramente il 23 novembre 1896.

 
I loro sotterfugi non sono mai percepibili, ma dicono che senza difficoltà possano far perdere la testa a un uomo per poi lasciarlo affogare in un lago di sangue, oppure condannarlo a risalire una montagna di spine oberato dai suoi debiti.
 

La condizione della donna in Giappone nell’era Meiji

La condizione della donna in Giappone nell'era Meiji

Nell’antico Giappone la donna rivestiva un ruolo centrale e l’organizzazione sociale era matrilineare, per di più sotto un cielo di mitologie che ruotavano intorno alle dee. Il Confucianesimo capovolse questa situazione e ridusse la figura femminile a una condizione di completa subordinazione all’uomo, che raggiunse il culmine nel periodo Heian.
Nel paese della “dea del Sole” scese così la notte sul potere femminile e sorse imperioso il principio del Danson-johi:

«Rispetta il maschio, disprezza la femmina»

La pressione sociale e la mentalità tradizionale presero a volerla brava moglie e madre, dedita alla cura della casa e della famiglia, sottoposta a una serie di obblighi, quali il dovere di sposarsi presto attraverso la pratica Omiai (matrimonio combinato) e quello di rinunciare alla carriera.
La discriminazione procedeva spedita perché trovava giustificazione negli insegnamenti di Confucio. Prima fra tutte, imperava la regola delle “tre obbedienze”, ossia al padre, al fratello e al marito e per la vedova se ne aggiungeva anche una quarta: l’obbedienza ai figli maschi. I testi confuciani ne elencavano i doveri anche di fedeltà, rispetto, sottomissione… Nel periodo Heian e in quello medievale le giovani ragazze di campagna venivano vendute nei bordelli e le prostitute erano considerate al pari delle bestie. Le donne conducevano per lo più un’esistenza immobile e segregata, trascorrevano giornate intere dietro le tende, i paraventi le allontanavano dagli sguardi estranei e, lungo le strade, camminavano nascoste dietro le pareti dei carri. Comunicavano per interposta persona o attraverso le lettere e i rapporti tra i sessi erano irrigiditi in regole ferree.
La scintilla che incendiò il femminismo e fece divampare l’emancipazione scoccò in epoca Meiji, grazie a due centri propulsori. Un circolo di femministe si riunì intorno alla rivista Seitō (The Bluestocking), che divenne essa stessa un veicolo per incoraggiare i talenti creativi delle donne, un luogo tutto femminile per approfondire l’analisi della individualità e della sessualità e per chiedere la liberazione economica, politica e sociale dall’oppressione maschile. Un altro potente gruppo femminista confluì nella Tokyo Women’s Reform Society, che ripetutamente si espose in pubblico per la conquista dei diritti civili e politici e con maggiore veemenza condusse la battaglia per l’abolizione del sistema del concubinaggio.

 
Se un uomo si fosse ucciso per il suo amore, lei si sarebbe limitata a dire ‘Sentite condoglianze’ e avrebbe volto presto lo sguardo altrove: per quanto le fosse penoso, aveva ormai acquisito quell’indifferenza che le permetteva di tenere tutto lontano da sé.
 

Le scrittrici e la letteratura femminile in Giappone

Le scrittrici e la letteratura femminile in Giappone

Nell’opera “La femme en Asie Orientale: politique, société, Littérature”, Christian Henriot si sofferma sul ruolo della donna nella società giapponese nell’epoca moderna e, affondando impavido la penna nelle nostre piaghe culturali, spiega che in Occidente esiste un’immagine idealizzata della donna giapponese che stenta a svanire: la donna passiva o sottomessa, oggetto o bambola di porcellana, per non dire della geisha. È vero che nel Giappone contemporaneo le donne in carriera e munite di titoli accademici, in ufficio, per prima cosa devono servire il tè ai maschi (Renata Pisu, Le radici del Sole). È vero pure che nel 1990 il Ministro delle Finanze, Ryutaro Hashimoto, ha dichiarato pubblicamente che le donne dovrebbero smetterla di andare all’università per stare meglio a casa a figliare. Tuttavia, come c’insegna con pazienza l’Henriot, la storia giapponese è piena di donne che hanno lottato per liberarsi dall’oppressione del sistema familiare tradizionale per conquistare l’accesso ai diritti.
Per comprendere, però, cosa accadde esattamente nel panorama letterario femminile di questo paese occorre fare un passo indietro, affidandoci a “Il mondo del principe splendente” di Ivan Morris, che ci svela come nel periodo Heian, ossia all’apice dell’oscurantismo del femmineo, vi fosse un sorprendente monopolio femminile della letteratura, sia in prosa sia in poesia, nonostante l’inferiorità sociale. Le donne, escluse dagli affari pubblici, poterono dedicarsi a diversi passatempi fra cui la scrittura. Luisa Bienati e Paola Scrolavezza, ne “La narrativa giapponese moderna e contemporanea”, raccontano il ruolo centrale delle donne nella letteratura giapponese e ci spiegano che le opere scritte da donne giapponesi costituiscono un vero e proprio patrimonio letterario chiamato Joryūbungaku, caratterizzato dall’attenzione ai dettagli della vita quotidiana e dal lirismo tipico dello Joryū, lo stile femminile.
Un nuovo periodo di splendore per la letteratura femminile giapponese si avverò proprio all’epoca della nostra Higuchi Ichiyō, al volgere tra il secolo XIX e il XX. Allora la donna era chiamata a ‘conformarsi’ al modello di buona moglie e saggia madre, mentre la propaganda governativa la esortava a occuparsi della crescita della nazione allevandone i figli, educandoli, prendendosi cura di anziani e malati, coltivando attività filantropiche e patriottiche. In questo contesto tornò a fiorire la scrittura femminile che assurse da passatempo a professione, ricorrendo spesso alla scrittura autobiografica quale mezzo per conoscere la propria voce profonda e affermare se stesse e la propria identità. Nelle loro pagine trovarono casa il rapporto di coppia e la critica al sistema Omiai, le sofferenze delle donne costrette in base alla poligamia a dividersi uno stesso uomo, il naturale desiderio del possesso esclusivo di un marito o amante, la gelosia, l’insieme di questo sistema poligamico che generava nell’animo femminile una tensione psichica suscettibile di isterismo e follia, l’assoggettamento alla famiglia, la prostituzione. Fra queste pagine si colloca l’opera di Higuchi Ichiyō.

 
Sentiva appena il chiasso della strada, lo percepiva lontano, come l’eco di un qualcosa lascito cadere sul fondo di un pozzo; le voci erano quelle degli altri, i pensieri erano i suoi: due cose completamente distinte.
 

“NIGORIE” (ACQUE TORBIDE) – 1895

Nigorie (Acque torbide) - 1895

Grazie alla traduzione magistrale di Paola Cavaliere e Atsuko Azuma, approda in Italia il fascino per la diversità subito da Higuchi Ichiyō e raccontato con insolita sensibilità nelle pagine di “Acque torbide”.
Il racconto tratta di donne di epoca Edo, l’ultima epoca classica prima dell’apertura all’Occidente, riconfermando l’interesse dell’Autrice per gli strati sociali più poveri e, con una maestria degna delle opere perennemente attuali, l’attenzione per la psicologia femminile e per la discriminazione della donna.
A distanza di oltre un secolo dalla sua pubblicazione, la pregnanza di contenuti e la contemporaneità di “Nigorie” si apprezza sotto una luce diversa se si ha la possibilità di passeggiare nel paese delle Gal, le ragazzine pronte a ‘tutto’ per acquistare il lusso, e nelle strade del Mizu Shōbai, che si traduce alla lettera come il commercio dell’acqua e indica l’attività di facciata dei locali adibiti all’intrattenimento notturno, solitamente legato alla prostituzione.
Infatti, proprio dalle prime righe, salta all’occhio il contrasto fra i rumori della stufa di cottura del ‘Ristorante’ e quello che realmente si manda in ebollizione fino a giusta cottura fra quelle stanze.
Il romanzo è ambientato nel quartiere a luci rosse di Tokyo, in una casa d’appuntamenti e in una casa di periferia. Traccia un parallelismo drammatico fra le vite di due donne apparentemente opposte per il ruolo sociale: una prostituta e una madre di famiglia. Esse sono legate dalla miseria e dall’insipienza di un uomo gretto, marito spregevole e inutile donnaiolo, che svolge la funzione di corridoio narrativo e ci consente di accedere al dramma della condizione femminile, attraversando l’interiorità ‘torbida’ dei due personaggi principali, ugualmente tormentati e sofferenti pur nel loro opposto destino, perché entrambe unite dal dramma di non essere ‘riconosciute’ nella loro umanità dal contesto circostante.
La diversità e la marginalità si ergono a protagoniste del racconto, intese in senso antropologico e incarnate in due esempi di femminilità che si contrappongono ma che nulla hanno di stereotipato, perché la scrittura di Higuchi Ichiyō distrugge non solo la gabbia delle convenzioni ma anche le sbarre delle classificazioni. È interessante la scultura della prostituta in duplice direzione, interna ed esterna, che lascia emergere il dramma in tutta la sua poliedricità, nel contrasto fra il pregiudizio esterno contro i ‘Demoni bianchi’ e la costrizione interiore, che vede una giovane ragazza sacrificare la sua autenticità e la sua stessa umanità fino a risultati estremi. Un dramma senza uscita, in cui anche la donna che si ‘conforma’ nel suo prestabilito tassello di moglie e di madre è negata a priori nella sua individualità, sottomessa e persino rifiutata.
È considerato un racconto romantico, che si fa intenso nella scrittura e nel linguaggio, con la scelta insolita, ma indovinata e significativa, di mantenere, come nella lingua originale, le battute dei dialoghi in successione senza andare a capo, impregnando la descrizione con le parole stesse del discorso diretto, che in essa s’intreccia e la impreziosisce.
È una lettura apprezzata anche dagli uomini, che ritrae in maniera originale e insolita per sensibilità e concretezza delle sue protagoniste in luoghi deputati al divertimento maschile da un punto di vista femminile.

 
Dopotutto, per quanto faccia, non potrò essere diversa da ciò che sono, si sa.
 

L’appuntamento del Gruppo di lettura di martedì 20 febbraio 2018 è parte del nostro ciclo di letture “Read around the world”.
Le Amiche e gli Amici del Circolo della Lettura ‘Barbara Cosentino’ vi aspettano alle 20.00, per condividere le impressioni e rinnovare le emozioni suscitate dalla lettura di questo imperituro capolavoro.

 

'Read around the world' insieme a noi!

L’incontro, realizzato presso la Libreria AsSaggi di Roma, in via degli Etruschi n. 4, è aperto a tutti i Lettori che vorranno partecipare, previa prenotazione obbligatoria, con prelazione dei Soci.

 

Libreria AsSaggi

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