NATALIA GINZBURG: “LESSICO FAMIGLIARE”
Un nuovo appuntamento del Gruppo di Lettura!

GIOVEDÌ, 23 NOVEMBRE 2017  - ORE 20.00

 
 

 

Giovedì 23 novembre, alle ore 20:00, il “Giro del mondo in otto scrittrici e più” si fermerà in uno degli appartamenti più famosi d’Italia, a casa Levi, in via Pastrengo a Torino, per condividere con le Amiche e gli Amici del Circolo della Lettura ‘Barbara Cosentino’ le emozioni e le impressioni suscitate dalla lettura di “Lessico famigliare”, il romanzo più famoso di Natalia Ginzburg.

 
Persone o morte, o comunque antichissime anche se vive ancora, perché partecipi di tempi lontani, di vicende remote...
 

NATALIA GINZBURG

Natalia Ginzburg

Nacque a Palermo il 14 luglio del 1916, Natalia Ginzburg, in una famiglia agiata e singolare. Il padre, Giuseppe Levi, di origine triestina, era ebreo e comunista, prestigioso istologo, che fu maestro di Rita Levi Montalcini. Si racconta che di costei fosse l’unico grande amore, pur se clandestino. La madre di Natalia si chiamava Lidia Tanzi, di origine milanese, era cattolica. Natalia non sembra che si sia mai sentita ebrea, anche perché tecnicamente non lo era, data la mancanza di una discendenza matrilineare, ma di fatto è sempre stata molto vicina al sentire della comunità ebraica italiana. Subì il razzismo e le leggi razziali, sposò Leone Ginzburg di religione ebraica e di lui adottò e conservò il cognome per tutta la vita.

All’età di tre anni, con i genitori, tornò a vivere a Torino, in un fertile ambiente intellettuale, marcatamente antifascista, subendo spesso controlli della polizia in casa e arresti di familiari a causa della fede paterna. Proprio questi anni della sua infanzia sono narrati in “Lessico famigliare” che le portò il Premio Strega nello stesso 1963.

La piccola Natalia crebbe frequentando dapprima scuole private e poi il liceo Alfieri. Si iscrisse a Letteratura, ma non concluse mai gli studi universitari. Dai diciassette anni aveva preso a scrivere racconti sulla rivista Solaria e frequentava assiduamente lo stesso circolo culturale della sua famiglia. Ivi conobbe Leone Ginzburg di Odessa, col quale convolò a nozze nel 1938 e dallo stesso anno, proprio con suo marito e Giulio Einaudi, collaborò alacremente al consolidamento della nascente casa editrice.

Dal 1937 s’impegnò nella traduzione de “La recherche”, mentre le persecuzioni e i disagi si facevano più incalzanti. Il marito venne arrestato ripetutamente dalle autorità fasciste; nel 1942 uscì il suo primo romanzo “La strada che va in città”, sotto lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte. Da Pizzoli in Abruzzo, dove era stato confinato suo marito, esercitavano attività di editoria clandestina.

Nel febbraio 1944, dopo prolungate torture, Leone fu ucciso nel carcere di Regina Coeli. Nell’ottobre seguente Natalia tornò a Roma, ormai liberata, e lavorò per alcuni mesi sempre per l’editore Einaudi, mentre i suoi genitori, rifugiati in Toscana, si occupavano dei suoi figli in tenerissima età. Solo l’anno seguente la famiglia si riunì a Torino.

 
Le barzellette si chiamavano in casa nostra «scherzettini» e noi provavamo, a raccontarne e a sentirne, il più grande piacere.
 

Nel 1947 scrisse il romanzo breve “È stato così”, che vinse il premio letterario Tempo. Comincia il periodo del Politecnico, un giornale per studenti e lavoratori, che fu caratterizzato soprattutto dalla nascita dell’importante amicizia con Cesare Pavese. I colleghi in Einaudi hanno ricordato Natalia Ginzburg come donna di grande personalità, che fingeva di essere ingenua e che arrivava in ufficio con la busta della spesa, contenente Proust in mezzo alle verdure. Oltre a Pavese, era molto amica di Felice Balbo. Considerava la casa editrice proprio come una casa e una seconda famiglia.

Nel 1950 sposò l’anglista Gabriele Baldini, docente di letteratura inglese e direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra; con lui concepì altri due figli. Il matrimonio segnò un periodo di fertile produzione letteraria. Nel 1952 fu pubblicato “Tutti i nostri di ieri” e poi “Valentino” (1957), una raccolta di lunghi racconti che vinse il Premio Viareggio. A seguire il romanzo “Sagittario”. Nel 1961, durante un periodo di soggiorno a Londra, scrisse “Le voci della sera”, che nel 1964 confluì nella raccolta “Cinque romanzi brevi”. Nel 1962 scrisse racconti e saggi che furono raccolti ne “Le piccole virtù” e l’anno seguente, con un memoir accolto da largo consenso di critica e di pubblico, vinse il Premio Strega. Era “Lessico famigliare”.

Nel 1965 scrisse l’opera teatrale “Ti ho sposato per allegria” e nove commedie di cui l’ultima, “L’intervista”, venne messa in scena a Londra da Lawrence Olivier e in Italia da Luchino Visconti.

Rimasta nuovamente vedova nel 1969, continuò a scrivere infaticabilmente. Nel 1970 diede alle stampe una divertente analisi “Mai devi domandarmi” e nel 1974 “Vita immaginaria”. Collaborò assiduamente negli anni ‘70 con il Corriere della Sera, che ne pubblicò diversi elzeviri su argomenti di critica letteraria, cultura, teatro, spettacolo, mentre nella scrittura tornò a esplorare la famiglia col romanzo “Caro Michele” (1973) e il racconto “Famiglia” (1974).

Negli anni Ottanta è stata deputato del PCI in due legislature successive, impegnandosi in diverse battaglie sociali e umanitarie, come l’abbassamento del prezzo del pane, l’assistenza ai bimbi palestinesi, la persecuzione legale dei casi di stupro, la legge sulle adozioni. Nel 1983 fu pubblicata “La famiglia Manzoni”, nel 1984 vide la luce il romanzo epistolare “La città e la casa”.

È morta l’8 ottobre 1991, dopo aver appena terminato la traduzione di “Une vie” di Maupassant.

 
Persone che non si potevano incontrare ora, che non si potevano toccare, e che anche se si incontravano e si toccavano non erano però le stesse di quando io le avveo pensate e che anche se vive ancora erano state tuttavia contagiate dalla vicinanza dei morti, con i quali abitavano nella mia anima: avevano preso, dei morti, il passo irraggiungibile e leggero.
 

“LESSICO FAMIGLIARE”

Lessico famigliare (Einaudi, 1963)

I suoi amici più cari raccontano che la vita della scrittrice fu devastata dalla morte di Leone, che costituì per lei un trauma così forte da creare una specie di vuoto, una zona di silenzio. Proprio per via della casa editrice, ma anche grazie all’aiuto dei genitori nella cura dei suoi stessi figli, riuscì a risalire la china del doloroso abisso e si abbandonò in maniera completa e definitiva alla scrittura. Si lasciò guidare dal desiderio di tornare all’infanzia e alla famiglia e, seguendo l’istinto di volgersi alle origini, è riuscita a mostrarci che l’avventura più grande che si possa vivere è proprio la famiglia, ognuna con le sue caratteristiche. Ricompare l’immagine di lei che andava a lavorare con una busta della spesa e i libri in mezzo all’insalata e quella della scrittrice che, attraverso le pareti della casa, guarda e capisce il mondo.

Quando Luigi Silori, in una celeberrima intervista, le chiese come mai avesse abbandonato le storie inventate, lei rispose di aver raccontato sempre cose vere, ma mescolate con la fantasia. Solo con “Lessico famigliare” scelse la strada dell’autobiografia scoperta, scevra da elementi inventati, perché avvertiva l’esigenza di esplorare la vita reale attraverso un diario diseguale e di raccontare, in questo modo, la storia della sua famiglia.

«Da quando ero piccola, vedendo vivere queste persone che mi sembravano buffe, divertenti e patetiche, sentivo il desiderio di raccontare come erano le frasi che usavamo dire nella mia famiglia; così è nata questa raccolta del lessico. Quando mi sono messa ad emendare queste frasi, mi sono accorta che c’era dentro tutta la mia infanzia e che dentro la mia infanzia c’era tutta la mia vita. Le frasi si sono moltiplicate tra le mie mani.»

Si legge della paura del padre, arguto scienziato, ma burbero, con la preoccupazione per i suoi immotivati scoppi d’ira. C’è una madre asfittica e avvolgente come una chioccia. La tensione e la violenza delle liti fra i fratelli. Il comune denominatore dell’assenza di una valida ragione per quelle crisi. Si sgranano gli epiteti affettuosamente storpiati, gli scherzi, le cantilene, i nonsensi. Anche a distanza di anni, ai fratelli Levi sarà sufficiente “una di quelle parole” per riconoscersi fra tante persone.

Si entra nella casa di via Pastrengo, si ascoltano frasi che si rincorrono e si avvera anche il nostro ricordo. La memoria si apre intorno a espressioni ricorrenti e a storie ripetute. Chi le ha usate non esiste più, ma il suo spirito torna attraverso quei suoni, perché le persone sono anche le loro parole e le parole che hanno ascoltato ripetutamente.

Come ha detto Giuseppina Torregrossa, in quella famiglia entri come un’ospite, ma diventi una parente.

 
Sempre a dir sempiezzi! Sempre a fare il teatrino!

 

L’appuntamento del Gruppo di lettura di giovedì 23 novembre è parte del nostro ciclo di letture “Read around the world”.
Le Amiche e gli Amici del Circolo della Lettura ‘Barbara Cosentino’ vi aspettano con “Lessico famigliare” per rinnovare il nostro focolare letterario con scintille di pagine.

 

'Read around the world' insieme a noi!

L’incontro, realizzato presso la Libreria AsSaggi, è aperto a tutti i Lettori che vorranno partecipare, previa prenotazione obbligatoria, con prelazione dei Soci.

 

Libreria AsSaggi

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