VLADIMIR NABOKOV: “LOLITA”
Un nuovo appuntamento del Gruppo di Lettura!

MARTEDÌ, 20 GIUGNO 2017  - ORE 20.00

 
 

 

Martedì 20 giugno, alle ore 20.00, tornano gli appuntamenti del Gruppo di Lettura!
Presso la libreria AsSaggi, il Circolo della Lettura ‘Barbara Cosentino’ organizza un nuovo incontro dedicato alla letteratura russa, per una rilettura di “Lolita”, il classico di Vladimir V. Nabokov pubblicato nel 1955.
                                                                                                                      
                                                                                                                     
                                                                                                                     

 
Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, null’altro che Lo, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, con un calzino soltanto. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti. Ma nelle mie braccia fu sempre Lolita.
 

VLADIMIR V. NABOKOV

Vladimir Vladimirovič Nabokov (1899-1977) è stato uno scrittore, saggista, critico letterario, entomologo, enigmista, drammaturgo e poeta russo, naturalizzato statunitense.
Scrisse i suoi primi libri in russo, ma fu con i suoi romanzi in inglese che raggiunse la notorietà. L'opera più conosciuta di Nabokov è sicuramente il romanzo Lolita, seguito da un altro romanzo scritto in lingua inglese del 1962: Pale Fire. Compose altri scritti di argomento totalmente diverso, come alcuni contributi sull'entomologia e sul gioco degli scacchi.
Figlio di Vladimir Dmitrievič Nabokov, noto politico che finì assassinato, e di Elena Ivanovna Rukavišnikova, apparteneva ad una nobile famiglia russa di San Pietroburgo, città dove crebbe in una casa che ora ospita un museo a lui dedicato. In famiglia si parlavano anche l'inglese e il francese, per questo fin dalla sua più tenera età Nabokov fu in grado di comprendere e parlare queste lingue, come narra nella sua autobiografia Speak, memory .
I Nabokov lasciarono la Russia dopo la rivoluzione del 1917 per recarsi in una tenuta di alcuni amici in Crimea, dove rimasero per un anno e mezzo. A seguito della disfatta dell'Armata Bianca si trasferirono  in Gran Bretagna. Nel 1922, Nabokov  completò gli studi di slavo e di lingue romanze al Trinity College dell'Università di Cambridge. Si trasferì quindi a Berlino dove il padre venne assassinato il 28 di marzo e poi a Parigi, acquistando una sempre maggiore notorietà nell'ambiente dei russi emigrati, grazie ai suoi primi scritti in russo, pubblicati sotto lo pseudonimo di Sirin. Nel 1925 sposò Vera Slonim dalla quale, nel 1934 ebbe un bambino di nome Dmitri.

 
Era davvero speciale, quella sensazione: un disagio atroce e opprimente, come se fossi a tavola col piccolo fantasma di una persona che avevo appena ucciso.
 

Nabokov era sinestesico, caratteristica di cui descrive i diversi aspetti in molte sue opere, poiché associava colori particolari a determinate lettere.  Iniziò scrivendo liriche di stampo simbolista e nel 1926 uscì il suo primo romanzo dal titolo Mašen'ka al quale seguì, nel 1928, Re, donna, fante che vuol essere una parodia del romanzo tradizionale. Nel 1929 pubblicò una storia sugli scacchi, argomento prediletto da Nabokov, ricco di metafore, dal titolo La difesa di Lužin al quale fecero seguito L'occhio nel 1930 che narra, in stile pirandelliano, la vicenda di un russo emigrato a Berlino. Nel 1932 pubblica un poliziesco Camera oscura, nel 1933 un romanzo dal tono enigmatico Gloria e nel 1935 Invito a una decapitazione che sembra ispirato ad alcuni dei racconti kafkiani. Eppure, nel 1959, nella prefazione alla nuova edizione statunitense del romanzo, Nabokov affermò che a quei tempi ignorava l'esistenza di Kafka che sarebbe divenuto uno dei suoi riferimenti. In questi romanzi si avverte l'ibrida cultura di Nabokov che unisce i temi della letteratura russa, come quello dello sdoppiamento esistenziale di Dostoevskij e del grottesco di Gogol', con le nuove forme che stavano rivoluzionando l'idea stessa del romanzo dopo la grande guerra.
Nel 1940 si trasferì negli Stati Uniti e nel 1945 prese la cittadinanza statunitense. Da quel momento egli scrisse in inglese e tradusse in questa lingua alcune delle sue opere precedenti. Insegnò letteratura russa per undici anni presso la Cornell University di Ithaca, dove tenne anche un corso di scrittura creativa (seguito nel 1959 da Thomas Pynchon) e negli ultimi anni visse in Svizzera, a Montreux, dove alternò la sua attività letteraria con quella delle appassionate ricerche di entomologo. Qui si spense nel 1977. Il passaggio alla lingua inglese e il contatto con la nuova realtà sociale ne arricchirono la ricerca stilistica, mentre sotto il profilo dei contenuti si concentrerà sempre più sulla disintegrazione dell’identità individuale nella società a lui contemporanea. Così nascono romanzi come La vera vita di Sebastian Knight nel 1941, I bastardi nel 1949 e in seguito i romanzi di vita statunitense. Nel 1955 venne pubblicato con grande successo il romanzo Lolita che fece conoscere Nabokov ad un pubblico mondiale, offrendo una perfetta immagine "interna" degli USA, con i suoi miti e le sue ossessioni, soprattutto il sesso. Il romanzo ebbe molta influenza sugli stessi narratori statunitensi della nuova generazione e, in modo particolare, su John Barth. Dopo Pnin del 1957, che esplorava in modo ironico la realtà dei college statunitensi, lo scrittore riprende il tema producendo, nel 1962, una delle sue opere formalmente più mature, Fuoco pallido. Nel 1969, Ada o ardore che offre una suggestiva sintesi dell'opera di Nabokov, emulsionando col solvente dell’ironia, i leit motiv della scrittura di Nabokov: l'ambigua duplicità della realtà, la passione del gioco, del puzzle, l'ossessione del sesso.

 
Oggi mi sorprendo a pensare che il nostro lungo viaggio abbia solo sfregiato con una linea di fango la magnifica, enorme terra che per noi era solo un insieme di cartine con le orecchie, guide strampalate, pneumatici consunti e i suoi singhiozzi nella notte - ogni notte - appena io fingevo il sonno.
 

L’autore scrisse anche numerosi racconti, nonché diversi saggi, fra i quali è impossibile non ricordare quello su Nikolaj Gogol' del 1944. Altri saggi e conferenze su scrittori europei dell'Ottocento e del Novecento sono stati raccolti postumi nel 1980 in Lezioni di letteratura, Lezioni di letteratura russa e Lezioni sul Don Chisciotte. Infine, grazie alla padronanza delle lingue stranieri, ha effettuato numerose traduzioni.
E vale la pena ricordare che l’entomologia non fu per lui solo un hobby, ma anche un’occupazione, che si tradusse in una notevole carriera. Nel 1940 gli fu affidato l'incarico di organizzare la collezione di farfalle al Museo di Zoologia Comparata dell'università di Harvard.  Così, pure Nabokov era un buon giocatore di scacchi, ma era interessato anche agli enigmi, che considerava, se ben costruiti, delle vere e proprie opere d'arte. Ne compose diversi.

 
Corsi fuori a mia volta. Io mi fermai – lei non lo aveva fatto. Corsi un altro po’. Mi fermai di nuovo. Era successo, infine. Se n’era andata per sempre.
 

“LOLITA”

In un’intervista data a Life nel 1964 Nabokov disse: «tra tutti i libri che ho scritto, Lolita è quello che mi ha dato più gioia, forse perché è il più puro, quello più costruito e inventato da un punto di vista narrativo. Probabilmente però io sono la causa per cui i genitori hanno smesso di chiamare le loro figlie Lolita. Dal 1965 in giro ci sono molti barboncini che si chiamano così, ma pochi esseri umani».
Tale e tanto è stato il successo di questo romanzo, che a partire da esso, infatti, il termine “lolita” è diventato di uso comune nella cultura di massa e nel linguaggio a indicare una giovanissima sessualmente precoce o comunque attraente, anche per la complicità della trasposizione cinematografica operata da Stanley Kubrick.
Scritto in cinque anni, dal 1948 al 1953, Nabokov non riusciva a pubblicarlo e la storia delle successive pubblicazioni è stata a lungo accompagnata da quella delle sue ripetute e disparate censure. Fu pubblicato negli Stati Uniti da un casa editrice erotica nel 1955.
Il romanzo, nella forma del diario postumo del professor Humbert Humbert, racconta l’ossessione semi-incestuosa di un docente di letteratura francese nei confronti di una ragazzina di 12 anni, fu pubblicato per la prima volta nel 1955. Questi, che è la voce narrante del romanzo, ovvero l’autore delle memorie, dopo un matrimonio finito male, decide di trasferirsi a Ramsdale, una piccola città del New England. Affitta una stanza a casa di una donna sua coetanea, Charlotte Haze, e perde completamente la testa per la figlia dodicenne di lei: Dolores. Tra i due si crea un rapporto particolare, di estrema complicità, che contribuisce ad alimentare ancora di più l’ossessione di Humbert, fino al punto in cui deciderà di mettere in atto un piano: sposerà la madre di Lolita e alla sua morte diventerà patrigno della bambina. Questa si rivela una giovane sessualmente disinibita e maliziosa, con i contorni del mistero, ma resta una figura fugace e inafferrabile, sempre foriera di bugie. Stefano Bartezzaghi ha definito questo personaggio come l’enigma meglio riuscito fra quelli creati da Nabokov.
Il male ci appartiene ed è innato a ognuno, come parte costitutiva della natura umana. Quando diciamo che un comportamento è “cattivo”, intendiamo censurarlo e condannarlo con etichetta pubblica. Eppure affermare che una condotta pertiene al regno del male serve semplicemente a nominarla e non a spiegarla. Per di più, come spesso accade, il malfattore, pur consapevole dell’erroneità della sua condotta, risale nel suo vissuto a giustificarla. Questo non solo in cerca di comprensione per il comportamento esecrabile, ma anche per motivarne la ripetizione ossessiva come in un gioco.

 
Una sua simile l’aveva preceduta? Ah sì, certo che sì! E in verità non ci sarebbe stata forse nessuna Lolita se un’estate, in un principato sul mare, io non avessi amato una certa iniziale fanciulla. Oh, quando? Tanti anni prima della nascita di Lolita quanti erano quelli che avevo io quell’estate. Potete sempre contare su un assassino per una prosa ornata. Signori della giuria, il reperto numero uno è ciò che invidiarono i serafini, i male informati, ingenui serafini dalle nobili ali. Guardate questo intrico di spine.
 

Così il professor Humbert, coadiuvato da una narrazione in stile prosastico, cerca di accaparrarsi la simpatia e il favore del lettore, risalendo alla morte prematura per tifo del suo primo amore adolescenziale: Annabel Leigh. Così il lettore rinviene anche tracce di delirio, come quando architetta l’eliminazione della moglie Charlotte o quando cede a raccontare l’esaurimento nervoso e i ripetuti ricoveri e passaggi sui lettini psichiatrici.
Parimenti, secondo la critica qui emergerebbe anche la passione dell’entomologo, che collezionando farfalle cerca di fermare la bellezza nel tempo. Humbert è convinto di fermare il tempo quando rinviene in Lolita l’essenza di ninfetta scoperta in Annabel.

 
La guardai. La guardai. Ed ebbi la consapevolezza, chiara come quella di dover morire, di amarla più di qualsiasi cosa avessi mai visto o potuto immaginare. Di lei restava soltanto l’eco di foglie morte della ninfetta che avevo conosciuto. Ma io l’amavo, questa Lolita pallida e contaminata, gravida del figlio di un altro. Poteva anche sbiadire e avvizzire, non mi importava. Anche così sarei impazzito di tenerezza alla sola vista del suo caro viso.
 

Il tentativo disperato di fermare il tempo sembra possibile quando la carica dell’amore giovanile e reincarnato sembra sopravvivere alla sopraggiunta maturità della ragazzina. Così si apre lo spiraglio delirante del vagheggiamento di un matrimonio possibile a completare la cornice di un racconto che vorrebbe passare per la storia di un amore precoce.
Infine, il romanzo è costellato di sapienti enigmi. Ne sono esempio gli anagrammi dei nomi.

 

Recensione di Giuseppe Grassonelli

«La mia tragedia privata, che non può e non deve riguardare nessun altro, è che ho dovuto abbandonare il mio idioma naturale, la mia lingua russa così ricca, così libera, così infinitamente docile, per una marca di inglese di seconda qualità, priva di tutti quegli apparati – lo specchio ingannatore, il fondale di velluto nero, le tacite associazioni e tradizioni – che l’illusionista indigeno, con le code del frac svolazzanti, può magicamente usare per trascendere a suo modo il retaggio dei padri.»

Ma è davvero così? La potenza verbale di Nabokov è tale da far dubitare di una simile affermazione.  Basta intraprendere la lettura delle prime righe di Lolita per rendersene conto. Dall’incipit, la musicalità, l’uso sapiente di allitterazioni, assonanze, consonanze catturano il lettore in quell’atmosfera di perfezione linguistica espressa da fantasie, colori, umori, invenzioni verbali, giochi stilistici, riferimenti simbolici, rimandi letterari, che sarà costante per tutto il romanzo, e anche oltre. Perché l’ascolto interiore del lettore difficilmente potrà abbandonare la pervasività e la ricchezza della lingua nabokoviana.

Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.
 

Elegante e raffinata, acutamente tesa a un’analisi dell’inconscio, aperta ad una grande varietà di interpretazioni e giudizi, la prosa di Nabokov trascende la scabrosità del caso, la storia dell’inarrestabile passione di un uomo maturo per una dodicenne, per collegarsi alla passione per l’eterno femminino e farsi metafora di qualsiasi febbrile ossessione. E tanta storia avuto il romanzo da dare ben presto luogo al deonimico “lolita” , simbolo appunto di quel concetto che così chiaramente espone l’Autore:

Accade a volte che talune fanciulle, comprese tra i confini dei nove e i quattordici anni, rivelino a certi ammaliati viaggiatori – i quali hanno due volte, o molte volte, la loro età – la propria vera natura, che non è umana, ma di ninfa (e cioè demoniaca); e intendo designare queste elette creature con il nome di ninfette. (...) Ma, entro questi confini, tutte le fanciulle sono forse ninfette? Certo che no. (...) Neppure la bellezza è un criterio valido; e la volgarità, o almeno ciò che una determinata comunità definisce tale, non nuoce necessariamente a certe misteriose caratteristiche – la grazia arcana, il fascino elusivo, mutevole,insidioso e straziante che distingue la ninfetta da tante sue coetanee.
 

La vicenda presentata sotto forma di diario, è preceduta da una premessa ironica, sibillina e tragica come tutto il romanzo, volutamente scritta in corsivo dall’autore nelle vesti di un fittizio John Ray, che dice di curare la stampa del manoscritto non per ragioni morbose, ma per uno scrupolo morale come monito ad una società divenuta troppo permissiva.
Il diario scritto dal protagonista, il professor Humbert Humbert, riporta la storia della sua lenta degenerazione morale per amore di una ragazzina dodicenne, Dolores Haze, fino all’abbruttimento e al delitto. È un enigma Dolores/Lolita, questa ragazzina così teneramente infantile e infinitamente adescante, distratta e sfacciata, dannatamente irresistibile. E dannato è lui, questo professore non giovanissimo, finito in un  paradiso i cui cieli hanno “il colore delle fiamme dell’inferno”, prigioniero di un amore che non è amore o forse sì, patetica vittima della sua stessa vittima. Lolita, però, a dispetto delle critiche superficiali, non è un romanzo erotico, né un elogio alla pedofilia. E Nabokov non era uno scrittore a caccia del successo dato dallo scandalo. Da scaltro provocatore e audace sperimentatore, fa raccontare la storia a un protagonista col quale è arduo immedesimarsi, ma non esprime alcun giudizio morale. Ha fiducia nel lettore, gli fornisce tutti gli elementi necessari e poi gli lascia la libertà di scelta: starà a lui decidere se indignarsi e ripugnare l’opera o apprezzare la vera essenza di capolavoro.

Oh, non guardarmi con quel cipiglio lettore! (...) Devi capire che il viaggiatore incantato, posseduto da una ninfetta e a lei asservito, sta, per così dire, oltre la felicità. Nulla al mondo, infatti, dà tanta beatitudine quanto accarezzare una ninfetta. E hors concours, quella beatitudine appartiene a un’altra classe, a un’altra categoria di sensi. Nonostante i nostri battibecchi, la sua villania, tutte le storie e le smorfie che faceva, e la volgarità, e il pericolo, e la spaventevole inanità di tutto quanto, io ero sprofondato nel mio paradiso d’elezione – un paradiso i cui cieli avevano il colore delle fiamme dell’inferno, ma pur sempre un paradiso.
 

Il romanzo è scritto in prima persona da Humbert Humbert: sappiamo dei personaggi del romanzo grazie all’unica prospettiva del narratore, ma non sappiamo quel che Lolita pensa veramente di lui. Abbiamo solo i pensieri, le vedute, le manie del professore, che è sì accecato da una passione dominante e divoratrice, ma che padroneggia un’ironia tagliente, un linguaggio sarcastico e pungente, per sezionare chirurgicamente se stesso e la società che lo circonda.
Lo struggimento iniziale per la ninfetta, ipotizzato come temporaneo, si rivelerà invece incontaminato dal passare del tempo e dai segni dell’età di una Lolita ormai diciassettenne e incinta: Humbert Humbert scopre di essere ancora attratto da lei, nonostante ormai sia più vecchia dell’età per cui solitamente prova desiderio: Vedete, io l’amavo. Era amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista”. E alla fine della narrazione, la storia di Humbert Humbert e Lolita ha il sapore della redenzione, come se il professore, dal fondo della propria perversione, voglia salvare se stesso e la giovane, consegnando il proprio amore alla dimensione eterne dell’Arte: attraverso la scrittura affida Lolita ai posteri e cerca di divenire immortale, per sempre con lei.

Penso agli uri e agli angeli, al segreto dei pigmenti duraturi, ai sonetti profetici, al rifugio dell’arte. E questa è la sola immortalità che tu e io possiamo condividere, mia Lolita.
 

Del suo romanzo, Nabokov scrisse ancora: «Nessuno scrittore, in un paese libero, dovrebbe essere costretto a preoccuparsi dell’esatta linea di demarcazione tra il sensuale e l’erotico; è una cosa assurda; io posso solo ammirare, ma non emulare, l’occhio di chi mette in posa le belle, giovani mammifere che compaiono sulle riviste, scollate quanto basta per far contento l’intenditore, e accollate quanto basta per non scontentare il censore. Immagino che certi lettori trovino eccitante lo sfoggio di frasi murali di quei romanzi irrimediabilmente banali ed enormi, battuti a macchina con due dita da persone tese e mediocri, e definiti dai pennivendoli “vigorosi” e “incisivi”. Ci sono anime miti che giudicherebbero Lolita insignificante perché non insegna loro nulla. Io non sono né un lettore di narrativa didattica, e, a dispetto delle affermazioni di John Ray, Lolita non si porta dietro nessuna morale. Per me un’opera narrativa esiste solo se mi procura quella che chiamerò francamente voluttà estetica, cioè il senso di essere in contatto, in qualche modo, in qualche luogo, con altri stati dell’essere dove l’arte (curiosità, tenerezza, bontà, estasi) è la norma».

Giuseppe Grassonelli

 
Questa, dunque, è la mia storia. L’ho riletta. C’è rimasto attaccato qualche brandello di midollo, e sangue, e mosche bellissime d’un verde brillante. A questa o quella delle sue svolte sento che il mio essere vischioso mi sfugge, scivola in acque troppo profonde e troppo oscure perché io possa sondarle.
 

L’incontro, realizzato presso la Libreria AsSaggi, è aperto a tutti i Lettori che vorranno partecipare, previa prenotazione obbligatoria, con prelazione dei Soci.
Il Circolo della Lettura ‘Barbara Cosentino’ vi invita ad intervenire numerosi, per condividere, ancora una volta, la passione per la letteratura e la lettura!

 

Libreria AsSaggi

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