FËDOR DOSTOEVSKIJ: “I FRATELLI KARAMAZOV”
Un nuovo appuntamento del Gruppo di Lettura!

MERCOLEDÌ, 29 MARZO 2017  - ORE 20.00

 
 

 

Mercoledì 29 marzo, alle ore 20.00, torna a riunirsi il Gruppo di Lettura!
Presso la libreria L’Argonauta, proseguono gli incontri del Circolo della Lettura “Barbara Cosentino” dedicati ai classici.
A grande richiesta dei nostri Soci, dopo due mesi di preparazione e ripasso, l’appuntamento di primavera vedrà protagonista “I fratelli Karamazov”, il capolavoro indiscusso di Dostoevskij; una nuova tappa nel percorso intrapreso alla riscoperta della letteratura russa.

 
Senza Dio, senza vita futura? Dunque, sarebbe tutto permesso, allora adesso si potrebbe fare tutto?
 

Recensione di Giuseppe Grassonelli

Il romanzo racchiude una storia di violenta inimicizia tra padre e figlia che culmina in un parricidio e un errore giudiziario, contenendo allo stesso tempo il resoconto di un’istigazione ideologica. La vicenda ruota intorno ai complessi rapporti della famiglia Karamazov, composta dal padre e da quattro figli di madri diverse, tutte precocemente scomparse. Il padre Fëdor è un affarista senza scrupoli la cui vita è guidata dalla smodata ricerca del piacere e del denaro. Dmitrij, unico figlio del primo matrimonio, vizioso e animalesco, condivide con Fëdor la passione per una donna, Grusenka. Ivan, intellettuale ed ateo, si fa portavoce della negazione e del dubbio, nonostante la sua sete metafisica. Alësa, l’uomo dal cuore “giovane e candido”, discepolo prediletto dello starec Zosima, incarna la natura angelica dell’essere umano. Smerdjakov, epilettico e disumano, nato da una relazione illegittima di Fëdor con una demente, è relegato in famiglia al ruolo di servo.
La cronaca familiare sorprende i suoi personaggi in un momento in cui i loro reciproci rapporti sono giunti al parossismo: l’uccisione del padre, nei confronti del quale ciascuno nutriva motivi di odio, vedendo in lui o un rivale in amore (Dmitrij) o un essere spregevole (Ivan) o un padrone dispotico (Smerdjakov).
Il tema dominante del romanzo diventa la ricerca della colpa, che non avrà risposta univoca: tutti i quattro fratelli sono corresponsabili. Nonostante ciò, per quanto riguarda i personaggi, nessuno, neanche l’Autore stesso si sente di condannare qualcuno, poiché ognuno esprime una diversa fragilità dell’animo umano. Di ognuno di noi. E pertanto, parafrasando Gustave Flaubert e il suo “Madame Bovary, c’est moi!”, potremmo senza dubbio affermare “Io sono i fratelli Karamazov”, perché sono Ivan quando faccio dell’escatologia il mio solo fine, mi interrogo sul destino ultimo dell’essere umano e divento l’uomo della ragione; sono Aleksej quando mi ergo a defensor fidei e divento l’uomo del sentimento; sono Dmitrij quando mi abbandono all’istinto e alla sensualità e divento l’uomo delle passioni; sono Smerdjakov quando, discriminato, uccido chi dovrebbe essere deputato ad amarmi al fine di ottenere in cambio almeno l’affetto di chi celebro e divento l’uomo allontanato dalla convivenza civile con vergognosa discriminazione e spietata condanna, il reietto.

 
...siamo nature vaste, karamazoviane, capaci di unire tutte le possibili contraddizioni e di contemplare in un colpo i due abissi, l’abisso sopra di noi, degli ideali più alti, e l’abisso sotto di noi, della caduta più vile e fetida.
(...) Siamo vasti, vasti come la nostra amata madre Russia; conteniamo tutto e a tutto ci abituiamo!

(Carl Sagan)

 

Nel romanzo il parricidio assurge pertanto, a simbolo di un male oscuro, che si traduce nella disgregazione della famiglia, nel conflitto generazionale, nel crollo delle vecchie regole della società patriarcale, nel rifiuto della religione dei padri. I fratelli Karamazov sono una feroce requisitoria contro l’uomo che, rinnegato da Dio, vaga nello smarrimento e nell’incertezza fino alla definitiva follia.
La storia dei Karamazov è ricca di metafisici significati universali, perfettamente fusi con la vicenda drammatica. Al loro centro sta la leggenda del Santo Inquisitore, raccontata da Ivan ad Alësa, punto supremo dell’impavida riflessione poetica ed etica di Dostoevskij sulla libertà, sul cristianesimo e sul socialismo. E anche per questo romanzo vale ciò che l’Autore scriveva nel 1869 in una lettera: “Io ho un modo particolare di guardare la realtà in arte e quello che la maggioranza chiama quasi fantastico ed eccezionale, per me, talora, costituisce l’essenza più vera del reale.”
Il romanzo tratteggia il mondo filosofico e religioso dei personaggi tra cui primeggia il cristianesimo di padre Zosima e il colloquio metafisico tra Alësa e Ivan, che affronta le profonde questioni esistenziali dell’uomo. Se il monaco può rendere “serenamente e felicemente l’anima a Dio” perché ha sperimentato il paradiso già nella vita trascorsa, Ivan sperimenta l’inferno nella sua incapacità di amare. “Oh, secondo la mia misera mente terrena, euclidea, so soltanto che la sofferenza esiste, ma che non vi siano colpevoli, che ogni cosa deriva semplicemente e direttamente da un’altra, che tutto scorre e si equilibra, però non sono che scempiaggini euclidee, lo so bene, e non potrò mai rassegnarmi a vivere in base ad esse! Che mi importa che non vi siano colpevoli e che io lo sappia: ho bisogno di una nemesi,altrimenti mi distruggerò. E di una nemesi non nell’infinito, chissà dove e chissà quando, ma qui, sulla Terra che la possa vedere anch’io. Io ho creduto e voglio vedere, e se allora sarò già morto, che mi resuscitino, perché se tutto avvenisse senza di me sarebbe troppo avvilente. Non ho certo sofferto per concimare con le mie pene e le mie malefatte un’armonia futura a favore di qualcuno.”
Ed emerge con forza tra le pagine del libro la presenza costante di bambini: proprio i bambini sono la chiave di volta per cercare di comprendere la grandezza del romanzo sulla fede e sull’ateismo, sulla passione o sull’amore, sulla gioia e sulla sofferenza. Troviamo il tema nelle parole di Ivan: “Io so soltanto che il dolore esiste: gli uomini stessi sono colpevoli: era stato dato loro il paradiso, hanno voluto la libertà. Ma se tutti devono soffrire per riconquistare con la sofferenza l’eterna armonia, che c’entrano i bambini.”  Se Dio esiste come può permettere la sofferenza dei bambini? Proprio loro che a Lui sono più vicini, in loro che ancora splende l’innocenza che presto perderanno. Ivan non può accettare l’idea, la semplice idea di Dio in un mondo dove c’è spazio per la sofferenza dei bambini. Se Dio non esiste, l’uomo è Dio e tutto è permesso.
“E quando la madre abbraccerà il carnefice che le ha fatto straziare il figlio dai cani e tutti e tre proclameranno fra le lacrime: <Tu sei giusto, o Signore!>. Ma io voglio esclamare ... questa suprema armonia. Essa non vale neppure una lacrima di quella bimba straziata. Non le vale perché quelle lacrime non troveranno riscatto. Devono essere riscattate, altrimenti non vi può essere armonia alcuna...
È forse possibile? Saranno poi davvero vendicate?Ma che importa vendicarle? Che importa l’inferno per i carnefici, a che cosa può rimediare l’inferno quando i bambini sono già stati seviziati? E che armonia vi è mai se c’è l’inferno? E se le sofferenze dei bambini saranno servite a completare quella somma di sofferenze che era necessaria a riscattare la verità, io dichiaro subito che tutta la verità non vale un simile prezzo.
Non voglio infine, che la madre abbracci il carnefice che ha fatto dilaniare suo figlio dai cani! Non deve perdonarlo! Se vuole, che lo perdoni per sé, che lo perdoni per il suo infinito dolore di madre; ma le sofferenze del suo bimbo straziato lei non ha il diritto di perdonargliele... Ma se è così, se non si dovrà perdonare, che ne è dell’armonia?... Non voglio l’armonia, è per amore dell’umanità che non la voglio.”
I fratelli Karamazov sono l’opera più rappresentativa di Dostoevskij, sintesi delle sue ricerche e delle sue contraddizioni. In essa lo scrittore che ha intessuto la trama letteraria dell’età moderna, che ha segnato un’epoca ed inaugurato quella mirabile trasformazione della letteratura in speculazione filosofica, ci conduce fra i meandri dei temi più diversi: la dialettica tra il bene e il male, lo scontro tra la via della ragione, ribelle e orgogliosa, che proclama la negazione di Dio e della creazione, e la via del cuore e dell’intuizione religiosa. Dicotomie apparentemente inscindibili, tuttavia sempre compenetrabili.

Giuseppe Grassonelli

 

Fëdor Michajlovič Dostoevskij (Mosca 1821 - Pietroburgo 1881), frequentò a Pietroburgo la scuola militare d’ingegneria. Terminati gli studî nel 1843, fu promosso ufficiale, ma preferì dedicarsi alla letteratura.
Il racconto Bednye ljudi (“Povera gente”, 1846) gli diede il primo successo ed entusiasmò N. A. Nekrasov e V. G. Belinskij. Per aver frequentato il circolo di M. V. Petraševskij, propugnante un socialismo utopistico, e avendo letto in pubblico la lettera di Belinskij a Gogol′, nel 1849 fu arrestato. Condannato a morte, l’esecuzione fu sospesa quando egli era già sul patibolo, e fu mandato a passare quattro anni di lavori forzati in Siberia (le esperienze dell’esilio siberiano gli ispirarono i Zapiski iz mërtvogo doma “Memorie di una casa morta”, 1861-1862). Soldato a Semipalatinsk, vi sposò nel 1857 la vedova Mar′ja Dmitrievna Isaeva. Tornò allora alla letteratura e pubblicò nel 1859 Selo Stepančikovo i ego obitateli (“Il villaggio di Stepančikovo e i suoi abitanti”) e Djadjuškin son (“Il sogno dello ziuccio”). Tornato a Pietroburgo, creò con fervore nuove opere, fra le quali Unižennye i oskorblënnye (“Umiliati e offesi”, 1862) e Zapiski iz podpol′ja (“I fratelli Karamazov”, 1864), che apparvero nella rivista Vremja (“Il tempo”) fondata da suo fratello Michail insieme con il critico Strachov. Quando questa rivista fu proibita, lo scrittore fondò Epocha (“L’epoca”), che ebbe minor successo. Dostoevskij era afflitto da difficoltà finanziarie e da pessime condizioni di salute (soffriva di epilessia). Nel 1866 pubblicò il romanzo Prestuplenie i nakazanie (“Delitto e castigo”). L’anno dopo, perseguitato dai creditori, lasciò, con la seconda moglie Anna Grigor′evna Snitkina, la Russia per l’estero (1867-71). Durante questo periodo, nonostante i dolori (la morte della figlia Sonja) e le incessanti peregrinazioni, egli lavorò molto e scrisse Igrok (“Il giocatore”), Idiot (“L’idiota”), Večnyj muž (“L’eterno marito”), Besy (“I demonî”).
Tornato in patria, collaborò alla rivista conservatrice di Meščerskij, Graždanin (“Il cittadino”), e pubblicò i romanzi Podrostok (“L’adolescente”, 1875) e Brat′ja Karamazovy (“I fratelli Karamazov”, 1878-1880). Agli ultimi anni della sua vita risale anche la pubblicazione del Dnevnik pisatelja (“Diario d’uno scrittore”).
L’opera di Dostoevskij si suole dividere in due periodi, l’uno precedente e l’altro seguente l’esilio siberiano. Nel primo periodo egli sembra soprattutto collegarsi all’esempio di Gogol′. Il breve romanzo epistolare Bednye ljudi deriva, per i suoi personaggi e per il tono, dal Šinel′ (“Il cappotto”) di Gogol′. Nel naturalismo satirico egli immette elementi di emozione umana e combina il grottesco con la pietà per gli esseri umiliati e ridicoli. Ma già in questo primo romanzo la figura di Makar Devuškin, che oscilla da esplosioni di sdegno isterico a isterica remissione, anticipa le figure dei romanzi seguenti. Una tensione convulsa, una cupa aria di catastrofe spinge i soggetti di Dostoevskij in uno sviluppo frenetico e vorticoso. Un seguito di vicende caotiche, disordinate, inattese, si accumula con raro, potente dinamismo nelle sue pagine. L’intreccio è sempre complesso, tortuoso, senza digressioni. I gesti, l’azione, il dialogo prevalgono su tutto. Il paesaggio è raro, poiché predomina un’atmosfera non sana di angoli cittadini, di stanze muffite, osterie, vicoli sudici alla luce appannata di rari fanali. Il linguaggio è frettoloso, febbrile, esasperato.
Nemico del dogmatismo filosofico e del gioco dialettico, ansioso sempre di personificare, Dostoevskij delinea una galleria di figure piene di smisurata tensione, di enormi impulsi vitali. Se i personaggi di un Dickens o di un Balzac si direbbero come schemi psicologici descritti dall’esterno, quelli di Dostoevskij sono forze elementari, fuoco tempestoso e informe. Personaggi non plastici, imponderabili, bipolari come tutto il cosmo morale di D.: figure angeliche che sanno torturare e figure perverse che sanno intenerirsi. Tutte, animate da un desiderio di riscatto e da una pazza sete di vivere, spinta sino al fanatismo. Attraverso l’amore terreno l’uomo giunge a quello divino, alla grazia. La grazia viene più spesso al peccatore non perché egli ha peccato, ma perché ha sofferto ed è capace di pentimento. L’uomo è creato non per la mite felicità dell’ordine e della quiete, ma per la delizia sovrumana della salvazione in Dio, pagata col male, l’odio, il fango, la disperazione, il delitto. In Occidente, Dostoevskij ha conosciuto momenti di grande fortuna. Ne è stato, in particolare, esaltato l’appello al subcosciente, alla dialettica dell’anima. Dall’immoralismo di Gide alle fantasie del surrealismo, all’esistenzialismo, una parte significativa della cultura moderna si è svolta nel segno di questo scrittore.
Va infine ricordato che la filosofia politica di Dostoevskij fu uno slavofilismo democratico e populismo mistico; la sua idea è che la società russa può essere redenta dal contatto con il popolo e dall’accettazione della religione ortodossa, perché religione del popolo russo, la cui missione è di redimere il mondo con una riasserzione di fede cristiana.
(tratto da: Enciclopedia Treccani)

 
Il segreto dell'esistenza umana non è vivere per vivere, ma avere qualcosa per cui vivere.
 

“I fratelli Karamazov”, Libro 1
Valter Zanardi legge Dostoevskij

© Valter Zanardi
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“I fratelli Karamazov”, Libro 2
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 3
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 4
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 5
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 6
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 7
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 8
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 9
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 10
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 11
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 12
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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“I fratelli Karamazov”, Libro 13
Valter Zanardi legge Dostoevskij

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L’incontro, realizzato con la collaborazione della Libreria L’Argonauta, è aperto a tutti i Lettori che vorranno partecipare.
Il Circolo della Lettura ‘Barbara Cosentino’ vi invita ad intervenire numerosi, per condividere, ancora una volta, la passione per la letteratura e la lettura!

Gli incontri del Gruppo di lettura sono aperti al pubblico, previa prenotazione obbligatoria, con prelazione dei Soci.

 

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