FËDOR DOSTOEVSKIJ: “MEMORIE DAL SOTTOSUOLO”
Un nuovo appuntamento del Gruppo di Lettura!

GIOVEDÌ, 12 GENNAIO 2017  - ORE 20.00

 
 

 

Giovedì 12 gennaio, alle ore 20.00, inauguriamo insieme questo 2017 con un nuovo appuntamento del Gruppo di Lettura! Presso la libreria L’Argonauta, proseguono gli incontri del Circolo della Lettura “Barbara Cosentino” dedicati ai Classici della Letteratura scelti dai Soci.
Per l’occasione, ci riapproprieremo delle “Memorie dal sottosuolo” di Dostoevskij, una pietra miliare della produzione letteraria russa, che prelude i grandi capolavori dell'Autore e che ha saputo anticipare tematiche e canoni propri del Novecento.

 
Non metterei le Memorie in mano di chi non è sufficientemente forte per reggere alla loro tensione, o sufficientemente innocente per non restarne avvelenato. Sono un forte veleno, che è meglio per molti non toccare.

(Dmitrij P. Mirskij, Storia della letteratura russa, 1927)

 

Recensione di Giuseppe Grassonelli

Opera originale e nuova sia nella forma che nel contenuto, nella quale l’Autore definisce e affina i temi che costituiranno il nucleo fondamentale dei romanzi successivi. È strutturato come un lungo monologo diviso in due parti: nella prima, “Il sottosuolo”, l’uomo del sottosuolo si abbandona a una confessione, a deliranti riflessioni filosofiche in cui espone l’idea che guida la sua esistenza; nella seconda, “A proposito della neve bagnata”, egli narra alcuni episodi accadutigli in passato che dovrebbero suffragare tale idea.
Il significato più vero, più profondo della sua confessione, non sta tanto nel suo essere una replica polemica a teorie del suo tempo, prima fra tutte il socialismo utopistico, quanto nella sua costruzione tutta basata sull’autocoscienza dialogica che sarà caratteristica tipica di tutti i personaggi dostoevskiani. E il sottosuolo richiama alla mente una metafora densa e pregnante di significato, che allude sia ai meandri della coscienza umana più insondabile, sia alla scelta dell’individuo di relegarsi ai margini di una società in cui è incapace di vivere.
Dostoevskji non indaga l’uomo dominato dalla ragione o dall’armonia, concezione che si diffondeva sempre più nel XIX secolo, ma si spinge nell’animo cattivo, crudele, perverso dell’uomo del sottosuolo: “Sono un uomo malato... Sono un uomo cattivo. Un uomo sgradevole. E tuttavia sono fermamente convinto che non solo l’eccesso di coscienza, ma addirittura qualsiasi coscienza è una malattia.”.
Grazie alle confessioni di un individuo apatico e sofferente che, mediante la sua coscienza lucida e ipertrofica, arriva a disgelare ogni miseria umana, la sua e quella insita in una società messa a nudo impietosamente nei meccanismi ipocriti e bugiardi che ne sono alla base, vengono sfatati quei miti di matrice illuministica che pensavano di poter giungere alla coscienza dell’animo umano e del mondo attraverso il semplice strumento della razionalità. Tanta lucidità genera nell’io narrante una tale sofferenza da spingerlo inevitabilmente all’inazione, a un sentire che gli fa avvertire l’inutilità di qualsiasi atto di fronte a una condizione esistenziale tanto tragica quanto senza via d’uscita. La vita vera viene avvertita come una fatica e ad essa si preferisce il ripiegamento nel mondo astratto delle idee, dei libri, del pensiero.
Dostoevskij si addentra nei meandri dell’animo umano non necessariamente per analizzare quanto per riportare alla luce le profonde dicotomie della natura umana (bene/male, ragione/volontà) e respingere le facili e mistificatorie ricette di palingenesi proposte da chi non sa che “il male si cela nell’umanità più a fondo” di quanto non pensino i riformatori.
La ragione è una buona cosa, questo è indubbio, ma la ragione è solo ragione, soddisfa soltanto la facoltà raziocinante dell’uomo, mentre la volontà è manifestazione di tutta la vita, cioè di tutta la vita umana, sia con la ragione che con i pruriti. E benché in questa manifestazione la nostra vita si riduca spesso a una porcheriola tuttavia è vita, e non soltanto l’estrazione di una radice quadrata… Che cosa sa la ragione? La ragione sa solo quello che ha fatto in tempo a conoscere (altro, forse, non saprà mai; anche se non è consolante, perché nasconderlo?), mentre la natura umana agisce tutta intera, con tutto ciò che vi è in essa, in modo cosciente e inconscio, e magari mente, ma vive… L’uomo può augurarsi di proposito, consapevolmente, anche qualcosa di dannoso, di stupido, perfino stupidissimo, e ciò per avere il diritto di augurarsi anche ciò che è stupidissimo e non essere vincolato all’obbligo di desiderare soltanto ciò che è intelligente. Infatti questa cosa stupidissima, questo capriccio, signori, in realtà può essere quel che è più vantaggioso di tutti i vantaggi perfino nel caso in cui vi porti un danno evidente e contraddica alle più sensate deduzioni della nostra ragione in materia di tornaconto, perché in ogni caso ci salvaguardala cosa più importante e preziosa, cioè la nostra personalità e la nostra individualità.”
Molto spesso dunque, e anzi il più delle volte, “la volontà è assolutamente e caparbiamente in disaccordo con la ragione”. Dostoevskij cerca di trascendere la razionalità a cui sembra essersi sottomessa la natura umana, rendendo protagonista assoluta la libertà di scegliere anche l’infelicità. La differenza fra bene e male ha prerogative personali, individualistiche, ed è marcata da una linea sottilissima che trova il suo senso nel libero arbitrio. L’uomo potrebbe preferire la distruzione e la sconfitta dell’armonia, perché possiede la volontà di decidere. Per Dostoevskij, niente è più falso della rappresentazione positivista e ottimista dell’agire umano, mosso invece da pulsioni oscure e spesso irrazionali. Il Male è in Dostoevskji una forza sempre presente e attiva: tutta la sua opera è concentrata sulla lotta tra bene e male ed è volta al suo riconoscimento.

 
Vedete: la ragione, signori, è una bella cosa, è indiscutibile, ma la ragione non è che la ragione e non soddisfa che la facoltà raziocinativa dell'uomo, mentre il volere è una manifestazione di tutta la vita, e non è soltanto un'estrazione di radice quadrata.
 

Fëdor Michajlovič Dostoevskij (Mosca 1821 - Pietroburgo 1881), frequentò a Pietroburgo la scuola militare d’ingegneria. Terminati gli studî nel 1843, fu promosso ufficiale, ma preferì dedicarsi alla letteratura.
Il racconto Bednye ljudi (“Povera gente”, 1846) gli diede il primo successo ed entusiasmò N. A. Nekrasov e V. G. Belinskij. Per aver frequentato il circolo di M. V. Petraševskij, propugnante un socialismo utopistico, e avendo letto in pubblico la lettera di Belinskij a Gogol′, nel 1849 fu arrestato. Condannato a morte, l’esecuzione fu sospesa quando egli era già sul patibolo, e fu mandato a passare quattro anni di lavori forzati in Siberia (le esperienze dell’esilio siberiano gli ispirarono i Zapiski iz mërtvogo doma “Memorie di una casa morta”, 1861-1862). Soldato a Semipalatinsk, vi sposò nel 1857 la vedova Mar′ja Dmitrievna Isaeva. Tornò allora alla letteratura e pubblicò nel 1859 Selo Stepančikovo i ego obitateli (“Il villaggio di Stepančikovo e i suoi abitanti”) e Djadjuškin son (“Il sogno dello ziuccio”). Tornato a Pietroburgo, creò con fervore nuove opere, fra le quali Unižennye i oskorblënnye (“Umiliati e offesi”, 1862) e Zapiski iz podpol′ja (“Memorie dal sottosuolo”, 1864), che apparvero nella rivista Vremja (“Il tempo”) fondata da suo fratello Michail insieme con il critico Strachov. Quando questa rivista fu proibita, lo scrittore fondò Epocha (“L’epoca”), che ebbe minor successo. Dostoevskij era afflitto da difficoltà finanziarie e da pessime condizioni di salute (soffriva di epilessia). Nel 1866 pubblicò il romanzo Prestuplenie i nakazanie (“Delitto e castigo”). L’anno dopo, perseguitato dai creditori, lasciò, con la seconda moglie Anna Grigor′evna Snitkina, la Russia per l’estero (1867-71). Durante questo periodo, nonostante i dolori (la morte della figlia Sonja) e le incessanti peregrinazioni, egli lavorò molto e scrisse Igrok (“Il giocatore”), Idiot (“L’idiota”), Večnyj muž (“L’eterno marito”), Besy (“I demonî”).
Tornato in patria, collaborò alla rivista conservatrice di Meščerskij, Graždanin (“Il cittadino”), e pubblicò i romanzi Podrostok (“L’adolescente”, 1875) e Brat′ja Karamazovy (“I fratelli Karamazov”, 1878-1880). Agli ultimi anni della sua vita risale anche la pubblicazione del Dnevnik pisatelja (“Diario d’uno scrittore”).
L’opera di Dostoevskij si suole dividere in due periodi, l’uno precedente e l’altro seguente l’esilio siberiano. Nel primo periodo egli sembra soprattutto collegarsi all’esempio di Gogol′. Il breve romanzo epistolare Bednye ljudi deriva, per i suoi personaggi e per il tono, dal Šinel′ (“Il cappotto”) di Gogol′. Nel naturalismo satirico egli immette elementi di emozione umana e combina il grottesco con la pietà per gli esseri umiliati e ridicoli. Ma già in questo primo romanzo la figura di Makar Devuškin, che oscilla da esplosioni di sdegno isterico a isterica remissione, anticipa le figure dei romanzi seguenti. Una tensione convulsa, una cupa aria di catastrofe spinge i soggetti di Dostoevskij in uno sviluppo frenetico e vorticoso. Un seguito di vicende caotiche, disordinate, inattese, si accumula con raro, potente dinamismo nelle sue pagine. L’intreccio è sempre complesso, tortuoso, senza digressioni. I gesti, l’azione, il dialogo prevalgono su tutto. Il paesaggio è raro, poiché predomina un’atmosfera non sana di angoli cittadini, di stanze muffite, osterie, vicoli sudici alla luce appannata di rari fanali. Il linguaggio è frettoloso, febbrile, esasperato.
Nemico del dogmatismo filosofico e del gioco dialettico, ansioso sempre di personificare, Dostoevskij delinea una galleria di figure piene di smisurata tensione, di enormi impulsi vitali. Se i personaggi di un Dickens o di un Balzac si direbbero come schemi psicologici descritti dall’esterno, quelli di Dostoevskij sono forze elementari, fuoco tempestoso e informe. Personaggi non plastici, imponderabili, bipolari come tutto il cosmo morale di D.: figure angeliche che sanno torturare e figure perverse che sanno intenerirsi. Tutte, animate da un desiderio di riscatto e da una pazza sete di vivere, spinta sino al fanatismo. Attraverso l’amore terreno l’uomo giunge a quello divino, alla grazia. La grazia viene più spesso al peccatore non perché egli ha peccato, ma perché ha sofferto ed è capace di pentimento. L’uomo è creato non per la mite felicità dell’ordine e della quiete, ma per la delizia sovrumana della salvazione in Dio, pagata col male, l’odio, il fango, la disperazione, il delitto. In Occidente, Dostoevskij ha conosciuto momenti di grande fortuna. Ne è stato, in particolare, esaltato l’appello al subcosciente, alla dialettica dell’anima. Dall’immoralismo di Gide alle fantasie del surrealismo, all’esistenzialismo, una parte significativa della cultura moderna si è svolta nel segno di questo scrittore.
Va infine ricordato che la filosofia politica di Dostoevskij fu uno slavofilismo democratico e populismo mistico; la sua idea è che la società russa può essere redenta dal contatto con il popolo e dall’accettazione della religione ortodossa, perché religione del popolo russo, la cui missione è di redimere il mondo con una riasserzione di fede cristiana.
(tratto da: Enciclopedia Treccani)

 
Lasciateci soli, senza libri, e ci confonderemo subito, ci smarriremo: non sapremo dove far capo, a che cosa attenerci; che cosa amare e che cosa odiare, che cosa rispettare e che cosa disprezzare.
 

“Memorie dal sottosuolo”, lettura integrale - Parte Prima
Valter Zanardi legge Dostoevskij

© Valter Zanardi
[ Visualizza il video originale ]

 

 

“Memorie dal sottosuolo”, lettura integrale - Parte Seconda
Valter Zanardi legge Dostoevskij

© Valter Zanardi
[ Visualizza il video originale ]

 

 

L’incontro, realizzato con la collaborazione della Libreria L’Argonauta, è aperto a tutti i Lettori che vorranno partecipare.
Il Circolo della Lettura ‘Barbara Cosentino’ vi invita ad intervenire numerosi, per condividere, ancora una volta, la passione per la letteratura e la lettura!

Gli incontri del Gruppo di lettura sono aperti al pubblico, previa prenotazione obbligatoria, con prelazione dei Soci.

 

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